venerdì 13 giugno 2025

30 Ottobre 1977: Perugia - Juventus

É il 30 Ottobre 1977 Perugia Juventus si sfidano nella sesta giornata del girone di andata del Campionato Italiano di Calcio di Serie A 1977-78 allo 'Stadio Comunale di Pian di Massiano' di Perugia.

É la gara che é rimasta negl'annali della cronaca per la tragica morte sul campo del giocatore del Perugia Renato Curi.

"Nel primo tempo Curi, uno dei migliori in campo per la puntua­lità della gestione della manovra, si infortuna leggermente in uno scontro con Causio. Nella ripresa tuttavia rientra, ma dopo cinque minuti, sotto la pioggia, si acca­scia improvvisamente al suolo. Il gesticolare disperato dei giocato­ri juventini accanto a lui, Benetti, Bettega e Scirea, fa pensare a qualcosa di grave, ma nessuno riesce a comprendere, non essen­dosi visti contrasti di gioco vio­lenti. Arriva la barella, il giocato­re esanime viene portato fuori dal campo. I medici del Perugia gli praticano due iniezioni, il massaggio cardiaco, la respira­zione bocca a bocca: Curi è pao­nazzo, il battito del cuore è incep­pato. Mentre la partita, tra com­pagni e avversari ignari, prose­gue, viene caricato su un’au­toambulanza e portato al Policli­nico di Perugia. Dove tuttavia ar­riva praticamente cadavere: i tentativi di rianimarlo proseguo­no per una quarantina dì minuti, finché, alle 16,30 (in lugubre, perfetta contemporaneità con la fine della partita fischiata dal­l’arbitro Menegali) il giocatore viene dichiarato ufficialmente morto. Una fine terribile per la sua fulmineità."

tratto da: Renato Curi: Morte nel pomeriggio 

Buona Visione!  



perugia




Stagione 1977-1978 - Campionato di Serie A - 6 andata
Perugia - Stadio Comunale di Pian di Massiano
domenica 30 ottobre 1977 ore 14:30 
PERUGIA-JUVENTUS 0-0

PERUGIA: Grassi, Nappi, Dall'Oro, Frosio, Zecchini, Amenta, Bagni, Curi (Matteoni 52), Novellino, Vannini, Speggiorin
A disposizione: Malizia, Scarpa
Allenatore: Ilario Castagner

JUVENTUS: Zoff, Cuccureddu, Gentile, (c) Furino, Morini, Scirea, Causio, Tardelli, Boninsegna, Benetti R., Bettega R. 
A disposizione: Marchese, Cabrini, Virdis
Allenatore: Giovanni Trapattoni

ARBITRO: Menegali




Il dolore di compagni e di avversari negli spogliatoi di Perugia dopo la gara 
"Via, via mi tiro su,, le sue ultime parole Questa la frase mormorata da Curi a Bettega che accorreva
Il commosso ricordo di Vannini ed Agroppi
Il tragico annuncio dall'ospedale allo stadio 

(Dal nostro inviato speciale) 
Perugia, 30 ottobre. 

La partita è finita. Il cielo ha sfogato la sua rabbia e, dopo il diluvio, il sole si apre un varco fra la nuvolaglia. La gente sfolla dallo stadio di Pian di Massiano affondando nel fango e commentando lo zero a zero ma chiedendosi, soprattutto, come sta Renato Curi. La notizia della sua morte sta già circolando ma è ancora nota a pochissime persone. Scendo dalla tribuna e raggiungo gli spogliatoi attraversando il campo, che sembra una risaia: nell'acquitrino spuntano, qua e là, le zolle sconvolte. Superato il tunnel varco la soglia che immette nell'atrio davanti agli stanzoni delle due squadre. Per un puro caso sono l'unico giornalista — insieme ad un collega di una televisione locale — ad essere testimone del dramma che si sta consumando all'interno. Dal policlìnico hanno appena telefonato allo stadio confermando il decesso di Curi e il general manager del Perugia, Silvano Ramaccioni, scoppia in un pianto dirotto. 
«No, non è possibile" 
grida con la voce rotta dai singhiozzi. Lo sorreggono. La porta del camerone bianconero si apre e compaiono il dottor La Neve, il general manager Giuliano, Trapattoni e I giocatori. Hanno saputo e, sconvolti, chiedono particolari, si recano in pellegrinaggio negli spogliatoi perugini. Morini è pallido come un cencio. 
«Ero il più vicino al povero Curi — racconta lo stopper —, stavo seguendo il pallone, finito in fallo laterale, quando ho visto Curi accasciarsi al suolo come fulminato. Non riusciva a respirare, aveva gli occhi rovesciati e ho capito che era grave». 
Un urlo interrompe il dialogo con Morini. E' l'allenatore in seconda Molinari, molto affezionato a Curi, che non regge al dolore e, vittima di una crisi nervosa, si accascia: debbono praticargli una iniezione cardiotonica per calmarlo. La scena è straziante. Mi avvicino al camerino dell'arbitro dove c'è uno dei medici sociali. Il dottor Giorgi, che sta parlando con Menegali e i due guardalinee. Chiedo a Giorgi di diagnosticare la causa del decesso. 
«Posso solo dire che Curi non aveva subito traumi — risponde —. Si tratta di un collasso che sottintende però altre cose». 
Infatti solo l'autopsia, che verrà effettuata domattina dal prof. Severi o dal prof. Boris, potrà accertare le cause del decesso ed eventuali responsabilità dì terzi. Insisto per sapere se a Curi — che aveva subito una botta alla gamba destra da Causio al 38' del primo tempo — durante I quattro minuti in cui era rimasto ai bordi del campo per le cure del caso gli fosse stata praticata una iniezione antidolorifica. Il dottor Giorgi scuote il capo asserendo che non è stato necessario, sia in quel momento che nell'intervallo, praticargli iniezioni e pertanto non si può parlare di choc anafilattico. Fuori c'è ressa. I giornalisti vogliono entrare, ma le porte si aprono soltanto per Sandro Ciotti, che, informato della disgrazia, più tardi, darà la notizia attraverso la radio. C'è sgomento, confusione, dolore: un'atmosfera allucinante. Anche Malizia, il portiere di riserva, perde il controllo, piange e sì dispera. Arrivano due donne, sono le mogli di Amenta e di Ceccarìni. 
"No, no", grida la signora Amenta. Ed aggiunge con un gemito: «Perché ha voluto giocare? Perché?». 
Le portano via. I giocatori cominciano ad uscire alla spicciolata. Ecco Furino. Il capitano della Juventus, quando Curi era crollato sull'erba fradicia, aveva richiamato l'attenzione della panchina del Perugia e dell'arbitro rendendosi immediatamente conto delle condizioni disperate del giocatore biancorosso. 
«Avevo calciato io la palla in fallo laterale — racconta Furino —, poi in attesa che riprendesse il gioco ho visto Curi stramazzare. Ho cercato di rialzarlo, stava ancora facendo del movimenti ma poi l'ho udito rantolare». 
In quel momento, attorno a Curi c'erano diversi juventini, fra i quali Bettega e Gentile. Bettega ha udito Curi dire: 
« Via, via, mi tiro su ». 
E queste sono state le ultime parole del centrocampista perugino. 
« E' un fatto terribile che si commenta da solo — dice Bettega —. Una dolorosa pagina che sconvolge lo sport e l'ambiente del calcio e che deve farci meditare. La gente ovviamente non c' entra in questa disgrazia, ma certe esasperazioni di tifo non si debbono più verificare. Il calcio deve tornare ad essere un gioco ». 
Trapattoni si associa a Bettega: 
« Ci si deve rendere tutti conto che le esasperazioni creano tensione ».
Il clan della Juventus è attonito. C'è Causio che rimpiange di non aver colpito Curi più forte in quel tackle al 38' del primo tempo. Con un fil di voce aggiunge: 
« Cosi non sarebbe tornato in campo e di conseguenza sarebbe ancora vivo ». 
Nell'altro camerone Castagner è sconvolto, ha i lineamenti contratti. Non piange, si tiene tutto dentro, non fa dichiarazioni. Avvicino Novellino e Speggiorin, che stanno appoggiati ad un muro. Novellino ha gli occhi arrossati, lo sguardo fisso nel vuoto, le mani abbandonate lungo i fianchi. E' distrutto dal dolore per la scomparsa di un compagno al quale voleva bene. 
« Era cosi contento di rientrare in squadra, la vita è davvero crudele e per la famiglia di Renato e per noi è una grande sciagura », 
si lascia sfuggire Novellino a bassa voce, come parlando fra sé e sé. Curi era il più piccolo giocatore della serie A e Vannini il più alto: lì chiamavano il braccio e la mente. Entrambi provenivano dal Como e da tre stagioni militavano nel Perugia che con il loro apporto, aveva compiuto la brillante escalation dalla serie B alla massima divisione. Vannini non si dà pace per la scomparsa del compagno, che considerava un fratello. S'aggira nello spogliatoio come un automa. 
"Gli volevamo tutti bene — riesce a dire —. Sua figlia Sabrina era nata il 7 ottobre, come me, e si festeggiava insieme il compleanno. E adesso... ». 
S'interrompe, non riesce a proseguire. Piange, piangono tutti. Si viene a sapere che il presidente D'Attoma è corso al Policlinico a bordo di un'auto della polizia. 
« Incredibile », 
ha detto il massimo dirigente del Perugia al momento di lasciare Pian di Masslano. D'Attoma era allegro prima della partita. Raccontava ai cronisti di aver regalato un portasigarette d'argento a Boniperti durante la cena di sabato sera che era servita a chiarire alcuni equivoci. Scherzava dicendo che aveva chiesto a Boniperti il 10 per cento sulla quota degli ingaggi decurtati ai bianconeri un anno fa grazie alla sconfitta della Juventus sul campo perugino, nell'ultima partita del campionato '75-76 successo propiziato da un gol di Curi. A chi gli chiedeva se era sorto una specie di « gemellaggio » fra le due società, D'Attoma replicava: 
« Sarebbe un onore. Ma non parlate di pace fra noi e la Juventus. Non ce n'era bisogno. L'incontro è servito unicamente per la gente. Come si fa non essere amici di un grande club come quello bianconero ». 
Appariva sicuro che il pubblico si sarebbe comportato bene (e cosi è stato) ed ottimista sull'esito della gara. Non presagiva certo la tragica fine di Curi, una grossa perdita sia sul plano umano sia su quello economico. Gli spogliatoi sì stanno svuotando. Le due squadre lasciano lo stadio dirette all'obitorio del Policlinico, dove intendono rendere un commosso omaggio alla salma di Curi. Ormai è buio. Passa in secondo piano la notizia che, durante il secondo tempo, una voce anonima, attraverso il telefono, aveva annunciato che in tribuna c'era una bomba. Il solito mitomane. In quel momento Curi stava morendo. E adesso lo piange tutta una città. E lo piange anche Aldo Agroppi, che a tarda sera, rientrando da Ferrara, dove ha accompagnato la squadra ragazzi, si reca al Policlinico. 
"Renato viveva per la famiglia — dice Aldo —. Lo ammiravo per la sua semplicità, è una grossa perdita per tutti noi". 

Bruno Bernardi




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