lunedì 21 aprile 2025

22 Marzo 1998: Parma - Juventus

É il 22 Marzo 1998 e Parma Juventus si sfidano nella nona giornata del girone di ritorno del Campionato Italiano di Calcio di Serie A 1997-98  allo Stadio 'Ennio Tardini' di Parma.

La Juventus ottimamente guidata in panchina dal maestro Marcello Lippi si appresta a vincere il suo 25esimo Scudetto. Sará l'annata di Alessandro Del Piero (autore di 21 gol in campionato) e Zinedine Zidane (che a Luglio vincerá il Mondiale a casa sua). 

Dall'altra parte c'é una squadra gialloblu che disputa un buon campionato terminando la propria corsa in un buon sesto posto finale.

Buona Visione!



parma



Stagione 1997-1998 - Campionato di Serie A - 9 ritorno
Parma - Stadio Ennio Tardini
domenica 22 marzo 1998 ore 15:00
PARMA-JUVENTUS 2-2
MARCATORI: Stanic 36, Crippa 40, Tacchinardi 55, Inzaghi 60

PARMA: Buffon G., Mussi, Thuram L., Cannavaro F., Benarrivo, Crippa, Sensini, Fiore, Blomqvist, Chiesa (Adailton 80), Stanic
A disposizione: Guardalben, Mora, Orlandini, Barone, Apolloni
Allenatore: Carlo Ancelotti

JUVENTUS: Peruzzi, Birindelli (Di Livio 46), Iuliano, Montero P., Pessotto G., (c) Conte A., Deschamps (Tacchinardi 46), Zidane (Zalayeta 57), Davids, Inzaghi, Del Piero
A disposizione: Rampulla, Pellegrin, Pecchia, Amoruso
Allenatore: Marcello Lippi

ARBITRO: Boggi
AMMONIZIONI: Conte A., Di Livio (Juventus); Mussi, Crippa, Stanic (Parma)




Lippi rimette lo Juve in carreggiata 
Parma in vantaggio di due reti, ma il tecnico rivoluziona i bianconeri e riesce a pareggiare 
Tacchinardi entra e decide: gol e assist per Inzaghi 
PARMA DAL NOSTRO INVIATO 

Due gol in cinque minuti del Parma, due gol in quattro della Juve, quando all'inizio della ripresa ha prodotto lo sforzo per rimontare. I flash che hanno deciso il pareggio che non decide niente sono esplosi in successione rapida e inattesa, come fossero l'opera di paparazzi al lavoro davanti a un night. Sono stati i lampi che hanno illuminato una vecchia partita, l'anello terminale della catena che lega le due squadre, particolarmente da quando Lippi è arrivato a Torino e la Juve individua in Parma la strettoia di ogni strada che la porta al successo: dopo le flagellazioni seguite al Napoli e le descrizioni eroiche da Kiev c'era bisogno di infilare il pertugio parmigiano senza lasciare troppi brandelli alle pareti e alla fine è stato così, i bianconeri hanno pareggiato, non c'è stato ricongiungimento o sorpasso in classifica, la domenica che avviava il trittico terribile (ora c'è il Milan, poi la Lazio) è finita bene. 

Lippi qui ha rimesso in piedi il risultato che all'intervallo sembrava compromesso perché il Parma era avanti di due gol, vantaggio bugiardo ma sostanzioso. Quando le cose non funzionano un allenatore è bravo se ha il coraggio di cambiare. E Lippi indubbiamente è bravo. Fuori Deschamps e dentro Tacchinardi, ma soprattutto con Di Livio in partita e Pessotto spostato a controllare Blomqvist che Birindelli aveva patito nel primo tempo almeno quanto il dolore all'anca che lo limitava, la Juve ha fornito lo strappo decisivo per rimontare da una posizione compromessa. 

I lippanti hanno consumato un'altra delle loro sette vite. Il Parma, che è parente lontano e impoverito di quello delle ultime stagioni, si è lasciato fondere dal calore delle incursioni di Inzaghi e ha subito. Ancelotti ha cambiato solo Adailton, gettato in pasto a Montero e Iuliano negli ultimi dieci minuti. Probabilmente, con gli avanzi che aveva in panchina, senza Dino Baggio e Crespo e Ze Maria, l'ex pupillo dell'Arrigo non poteva combinare un banchetto migliore, ma c'è nel Parma la tendenza perversa a lasciare che le cose vadano troppo secondo la corrente, senza mai una sterzata. 

E il 2-2, giusto, meritato dalla Juve, è un'altra occasione che gli emiliani si sono lasciati sfuggire. E' stata una partita spezzettata come uno shanghai e gestita nella ripresa da Boggi come avrebbe fatto il miglior Casarin: dal pareggio di Inzaghi in poi l'arbitro campano ha moltiplicato i falli fischiati in attacco perché non penassero le difese. Un politico anche nelle ammonizioni che non ha dato (vedi Davids su Stanic). La Juve era stata più consistente del Parma già nel primo tempo. Stessa squadra di Kiev, appesantita nella concentrazione più che nelle gambe, ma se il Parma attaccava con sventagliate lunghe verso Chiesa e Stanic, i bianconeri avevano comunque il controllo del gioco. Mancavano nella fase di costruzione dell'attacco. 

Non è sempre mercoledì, e nello stare in campo il Parma è assai più avanti del calcio del Duemila di Lobanovski, avendo anche più qualità tecniche: insomma Zidane non aveva attorno a sé le praterie ucraine. 
Del Piero e Inzaghi (beccatissimo dal pubblico) incappavano malvolentieri in Cannavaro e in Thuram. Tra Crippa e Davids erano prevedibilissime scintille, nella zona di destra Birindelli aveva la carrozzeria ammaccata per contenere la crescita di Blomqvist. L'azione più bella era bianconera (tiro di Conte al 13'), i gol invece erano del Parma, che già aveva sfiorato li pari con Benarrivo al primo minuto e con Chiesa su punizione. Due gol di testa, due gol arrivati da una punizione centralissima e da un calcio d'angolo, testimoniano che la difesa juventina non era troppo concentrata, a prescindere dal momento infelice di Peruzzi. 

Nella ripresa Lippi sistemava la retroguardia e bloccava Blomqvist, il migliore. Ma l'intuizione più fortunata era di sbattere in campo Tacchinardi: dal piede del giovanotto, indecifrabile mistero juventino perché ha qualità da campione e non esplode, nasceva il gol della speranza e l'assist per Inzaghi, più Uomo Ombra che Superpippo: non lo vedi (e se lo vedi talvolta ti arrabbi), poi si materializza davanti alla porta. La reincarnazione dei goleador di una volta: Maldini, in tribuna, ha pensato che uno così, se rimarrà così fino a giugno, gli potrà servire come Paolo Rossi a Bearzot. 

Marco Ansaldo
tratto da: La Stampa 23 marzo 1998




maglia

parma

juventus

parma

juventus

parma

parma

parma

parma