venerdì 31 maggio 2024

1 Giugno 1997: Juventus - Lazio

É il 1 Giugno 1997 e Juventus e Lazio si sfidano nella diciassettesima ed ultima Giornata del Girone di Ritorno del Campionato di Calcio di Serie A 1996-97 allo Stadio 'Delle Alpi' di Torino.

La Juventus é nettamente la squadra da battere in questi ultimi anni mentre la Lazio terminerá il campionato al quarto posto a dieci punti dai bianconeri Campioni d'Italia per la ventiquattresima volta. Qualche giorno prima i bianconeri hanno perso la Finale di UEFA Champions League contro il Borussia Dortmund.

Buona Visione!


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Stagione 1996-1997 - Campionato di Serie A - 17 ritorno
Torino - Stadio Delle Alpi
domenica 1 giugno 1997 ore 16.30
JUVENTUS-LAZIO 2-2
MARCATORI: Vieri C. 31, Amoruso 52, Casiraghi 73, Protti 85

JUVENTUS: Rampulla (Falcioni 80), Porrini, Ferrara C. (Cingolani 80), Montero, Dimas, Lombardo, Di Livio, Tacchinardi, Pessotto G. (Trotta 68), Vieri C., Amoruso
Allenatore: Marcello Lippi

LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Chamot, Favalli (Fish 78), Rambaudi (Buso 53), Fuser, Venturin, Nedved, Casiraghi, Signori (Protti 68)
Allenatore: Dino Zoff

ARBITRO: Racalbuto



La Juve può cantare sotto la pioggia 
Domina per un 'ora, poi ilpari non guasta la festa 

TORINO. Il sospetto di una partita addomesticata può sorgere in chi, senza aver visto Juve-Lazio, consideri semplicemente il risultato: 2-2, un altro pareggio annunciato, il terzo consecutivo per i bianconeri in questo finale di campionato gestito con grande prudenza. Invece, libero da tutti gli interessi di classifica, il match è sembrato vero come le amichevoli che si giocano per il piacere di giocarle e con in corpo la gioia liberatoria di essere alla fine dell'annata. 
La Juve per un'ora è stata brava e più brillante di quanto ci aspettassimo, la Lazio è sgusciata fuori dal proprio pantano nel finale, quanto è bastato per rimontare le due reti. 
«Grazie lo stesso». Lo slogan della notte di Monaco è risuonato qualche volta, flebile antidoto al groppo in gola che gli juventini avvertono quando si pensa alla sconfitta in Champions League. Avrebbe dovuto essere la domenica della festa italiana ed europea, il giorno del ringraziamento per un'annata strabiliante, e con molta fatica si è badato a non rovinare il copione cedendo ai rimpianti: come per un tacito accordo, dagli striscioni e dai cori è stato rimosso tutto quanto potesse ricordare il Borussia, quasi il calendario procedesse a balzi e di salto in salto avesse evitato l'ultimo mercoledì. 
La Juve ha capito. Ha cercato di immergersi comunque nella celebrazione dello scudetto che molti giocatori esibivano dipinto sulla nuca, finché la pioggia non ha stinto i colori macchiando i colletti delle maghe. Prima che ciò accadesse i bianconeri erano già in vantaggio e la Lazio pareva non conoscere la strada verso la porta di Rampulla. Senza i due francesi, più Jugovic, Del Piero, Peruzzi, Conte e da ultimo anche Boksic bloccato nella notte da un attacco influenzale (così hanno spiegato i medici per troncare qualsiasi illazione), la Juve poteva cedere alla tentazione dello svacco. La difesa e l'attacco erano quelli di sempre, però il centrocampo veniva completamente rivoluzionato: Lombardo andava a destra, Pessotto a sinistra e, in mezzo, Di Livio e Tacchinardi provavano a inventare la regia. Una formula assolutamente nuova e di emergenza. 
I cambiamenti tuttavia non toglievano l'energia. Anzi nel trovarsi davanti la Lazio al completo ma ormai appagata dalla qualificazione europea, la Juve minore cresceva di ritmo e di voglia, i meccanismi si oliavano in fretta. Vieri, in avanti, riscattava il pianto fanciullesco di mercoledì mentre i borussi sollevavano la Coppa. Negro e Nesta faticavano a tenerlo, più di loro erano le pozzanghere, che poche ore di pioggia avevano già formato sul campo, ad attenuare la potenza dello juventino. Pareva che soltanto alla Juve interessasse chiudere bene il campionato. Anche Amoruso cancellava l'impressione di leggerezza che si ha spesso di lui: nel pantano schizzava sfiorando l'acqua come fanno le libellule sugli stagni, tentava assist e aperture. La Lazio restava compressa nella propria metà campo, ogni soluzione offensiva puntava a lanciare Casiraghi oltre Monterò e Ferrara. 
Impresa inutile. Le distrazioni fatali contro il Borussia non si ripetevano: fino all'11 della ripresa Rampulla non toccava palla. La pressione juventina era alimentata da Lombardo e Di Livio a destra e con meno foga da Pessotto. Ma il gol nasceva dalla collaborazione tra Amoruso e Vieri, come è accaduto spesso negli ultimi mesi. La coppia funziona. Se davvero Vieri rimarrà a Torino, come giurano e spergiurano, ci sarà da tenerne conto l'anno prossimo. Così pure la ripresa si avviava nel segno della Juvetta, con le sue seconde forze capaci di non far rimpiangere. Lombardo trovava il tempo e la misura per servire ad Amoruso la palla del raddoppio, con la difesa laziale immobile e l'assenza del solito Chamot. Per Zoff era troppo. Toglieva Rambaudi per Buso, poi Signori (o chiunque fosse quel tizio che vagava per il campo come uno smemorato) per Protti. Casiraghi, il più rodomontico dei laziali, trovava più spazio. Per due volte Rampulla opponeva la gamba, alla terza, complice la grave incertezza di Dimas, era il gol che faceva intuire la possibile rimonta, anche perché Lippi concedeva spazio ai giovani della panchina. 
Benché la Juve si avvicinasse in altre due occasioni alla segnatura, Protti sfruttava l'assist del risuscitato Nedved per saltare l'intera difesa (ormai priva di Ferrara) e pareggiare. Fischi? No, cori e applausi. Perché doveva essere un giorno di festa: senza rimpianti, né groppo in gola. 

Marco Ansaldo


 


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