É il 9 Marzo 1997 e la Juventus gioca il derby d'Italia allo Stadio 'Giuseppe Meazza - San Siro' contro l' Inter. La gara é valevole per la sesta giornata del girone di ritorno del Campionato Italiano di Calcio di Serie A 1996/97.
Siamo in un periodo favoloso. Dopo aver conquistato la Champions League a Roma nel maggio dell'anno primo, conquistiamo anche la Coppa Intercontinentale (cosa avvenuta nel dicembre 96).
Come spesso (purtoppo) succede, una stagione memorabile si transforma in un'annata da rimpianti e recriminazioni varie. Infatti a Monaco di Baviera il Borussia Dortmund ci priva di una meritatissima Champions League in finale!
Buona Visione!
Stagione 1996-1997 - Campionato di Serie A - 6 ritorno
Milano - Stadio Giuseppe Meazza
domenica 9 marzo 1997 ore 20:30
INTER-JUVENTUS 0-0
Milano - Stadio Giuseppe Meazza
domenica 9 marzo 1997 ore 20:30
INTER-JUVENTUS 0-0
INTER: Pagliuca, Angloma, Paganin M., Galante, Bergomi (Pistone 64), Zanetti J., Sforza, Fresi, Djorkaeff, Ganz, Zamorano
A disposizione: Mazzantini, Winter, D'Autilia, Berti, Branca
Allenatore: Roy Hodgson
JUVENTUS: (c) Peruzzi, Torricelli (Porrini 13), Ferrara C., Montero P., Dimas (Iuliano 72), Di Livio, Deschamps, Zidane, Jugovic, Vieri C., Amoruso (Boksic 67)
A disposizione: Rampulla, Tacchinardi, Lombardo, Padovano
Allenatore: Marcello Lippi
ARBITRO: Collina
AMMONIZIONI: Amoruso, Zidane, Vieri C., Di Livio, Deschamps (Juventus); Paganin M., Fresi, Sforza (Inter)
ESPULSIONI: Boksic 77 (Juventus)
I bianconeri escono imbattuti da San Siro nella partita che rappresentava la grande occasione della squadra di Hodgson per rilanciarsi sulla via dello scudetto.
Juventus schiva il siluro Inter
Primo tempo per Lippi, espulso Boksic nel finale
MILANO DAL NOSTRO INVIATO
Zero a zero e tutto come prima. La Juve è sempre lassù, l'Inter rimane lontana sette punti, che ora pesano perchè non c'è più il miraggio dello scontro diretto per riavvicinarsi. Ma che non sarebbe stata una serata al cloroformio ce l'avevano garantito le ruggini affiorate alla vigilia e le troppe cose che avevano finito per entrare in questo match tra passato e futuro. Tacchetti e Facchetti.
Una bella dose di tensione che dopo otto minuti è diventata incontrollabile quando sul lancio di Djorkaeff e la successiva correzione di testa di Zamorano, Ganz è arrivato davanti a Peruzzi, ha tirato una volta - respinta - e alla seconda ha messo in rete. Gol? Sì. Poi Collina è andato verso il suo collaboratore Florio, guardalinee ma non guarda-fuorigioco dal momento che non aveva visto Ganz in posizione irregolare di oltre due metri. Manco aveva avuto un sussulto la sua bandierina. Breve conciliabolo tra gli juventini urlanti. Allora gol? No. La decisione più corretta e arrivata seguendo il percorso più tortuoso. E se Collina ha avuto il coraggio di correggere l'errore e di prendersene la responsabilità anche con la panchina nerazzurra, e con il sospettosissimo Facchetti, l'incontro comunque non avrebbe potuto scivolare via senza risentirne. A ogni schizzo sarebbe scattata l'inchiesta: fuorigioco o no? Per non dire di ogni intervento un po' rude. Collina (dopo ha usato un metro politico, casariniano, nel fischiare oppure no. Nessuna partita può prescindere dal proprio peccato originale. Per fortuna il senso di responsabilità dei protagonisti è stato più forte di tutto: anche le otto ammonizioni e l'espulsione di Boksic al 32' della ripresa (scarpata a Paganin da terra) si spiegano con una vis agonistica espressa al peggio e non con raptus carogneschi.
Si e giocato al calcio. Non bene. Soprattutto con poco ordine o, per dirla alla Lippi, organizzazione. Ma come si usa quando la posta in palio è alta, si sono percepite vibrazioni forti e si e rimasti svegli ad aspettare un evento nell'aria. Abbiamo pensato a lungo che l'avrebbe colto la Juve, più brava a costruire palle gol anche se si vede che non ha lo smalto dei giorni belli. Padroni del gioco per 25', i bianconeri hanno sprecato un'occasione clamorosa al 12': un rimpallo di Torricelli (infortunato al ginocchio, uscirà subito dopo) ha messo Amoruso a tu per tu con Pagliuca, che gli ha deviato il tiro mandandolo contro il palo. Sette minuti più tardi, il portiere interista è zompato sul tocco ravvicinatissimo di Jugovic, una botta sicura, liberato sul cross dalla destra di Zidane.
Hodgson convertito alle due punte extra Djorkaeff non ha visto nel primo tempo i frutti di quell'ardire gradito a Moratti. Il fenomenale Dj francese si è notato per qualche lancio nel finale, Ganz e Zamorano restavano all'oscuro (e Ganz soltanto al 50' si ritrovava bene piazzato in area e Ferrara lo rimpallava). Juve molto più quadrata a centrocampo, semmai con poca spinta sulle fàsce per la renitenza di Porrini a scendere sulla destra e l'assoluta ignoranza dei bianconeri di quell'oggetto chiamato Dimas, che pure vedono ogni giorno da cinque mesi. In avanti Vieri andava su molti palloni, Amoruso ne teneva qualcuno di più, ma infine l'apporto dei due giovani non era più produttivo di quello dei due interisti dall'altra parte.
Controllando Djorkaeff con la pressione di Deschamps, ma anche di Zidane e di uno dei difensori a turno, la Juve bloccava l'Inter. Sforza era inguardabile, Zanetti etereo sulla fascia destra e c'è da chiedersi cosa significhi Fresi a centrocampo, sulla sinistra. Povero zio Bergomi. Davanti gli si aprivano i vuoti giusti perché ci si infilasse Di Livio, impreciso nel tocco quanto furente nella corsa. C'era ancora una doppia occasione (28', cross di Zidane da destra, Jugovic spinge Angioma non riuscendo ad arrivare sulla palla; 29', tiro fuori di Amoruso), quindi i bianconeri perdevano il filo del proprio discorso tattico. Si moltiplicavano i lanci lunghi, inutili. Cresceva l'Inter attorno a Djorkaeff, anzi in Djorkaeff. L'impressione è tutta la sostanza del gioco nerazzurro sia nel dare palla al fenomeno franco-armeno: come farà Hodgson l'anno prossimo a Blackburn?
Era lui a impegnare Peruzzi (5', 8', 21') e a ispirare l'ultima azione (43') di Zamorano contrastato dal Cinghialone bianconero. La Juve aveva però l'occasione nitida con Vieri liberato al 6' da Jugovic e fermato dal piede di Pagliuca. Troppi errori sotto porta. Il solito difetto. Boksic, al rientro dopo due mesi, non li ha corretti. Dopo dieci minuti era già fuori. E la Juve, in inferiorità, da quel momento non ha piú creduto di vincere.
Marco Ansaldotratto da: La Stampa 10 marzo 1997